Percorso
Siddhapith Adi Ashram Hariharpur
Shri Aghoreshwar in Hariharpur
Il Siddhapith Avadhut Bhagwan Ram Adi (Primordiale) Ashram è situato nel villaggio di Hariharpur, vicino a Sakaldiha Bazar, nel distretto di Chandouli, Varanasi. Poco distante dall’ashram, sulla riva del fiume, si trova il campo di cremazione di Maharora Devi, usato dai villaggi circostanti per consegnare al fuoco i morti e ritenuto ideale anche per affidare al fiume le spoglie dei bambini, che non vengono cremati. Qui, in questo shmashan, Shri Aghoreshwar visse per del tempo in una capanna compiendovi la sadhana. Ad un certo punto la sua pratica lo assorbì nell’estasi totale per tre giorni. Quando uscì da questo stato avvenimenti inspiegabili cominciarono a manifestarsi attraverso e vicino il giovane Maestro.
Aghor Nivas e veranda
Alcuni residenti dell’area vollero donargli un pezzettino di terra dove risiedere. Qui Shri Aghoreshwar pose la sua base per diversi anni, e qui ritornava dai suoi numerosi viaggi nei luoghi di pellegrinaggio o da dove effettuava per dei periodi la sua sadhana, come in Vindyachal o nelle jungle del Madhya Pradesh.
Aghor Nivas, La Stanza dell’Aghor
I locali ritengono l’ashram un luogo di grande potere spirituale mentre la superstizione popolare ne dipinge l’atmosfera misteriosa descrivendolo come un luogo dove numerosi fantasmi si aggirerebbero, specie di notte. Gli Aghori credono che le anime dei grandi Maestri vengano attirati da luoghi come questo e il sadhak potrebbe averne il darshan (incontro) e ricevere profonda ispirazione
Samadhi e Tempio
Al suo interno vi è il tempio della Devi, il Samadhi di Shri Aghoreshwar edificato nel 1993, tempietti di varie divinità nel giardino e nel Pandal (veranda per incontri pubblici), una camera sotterranea ove Shri Aghoreshwar meditava durante le stagioni calde, un pozzo e una stanza con piccola veranda chiamata Aghor Nivas (Stanza dell’Aghor).
Camera sotterranea
La fama che circondava il giovane Maestro attirò molte persone e numerosi aneddoti sono stati tramandati sui fatti accaduti in quel periodo. Kedar Singh, un fervente devoto del Baba, ha trascritto quanto da lui vissuto in compagnia del giovane Aghor in quel periodo.
Quanto segue è un estratto delle memorie di Kedar Singh:
“All’inizio del 1953 ero in visita da un mio amico a Sakaldiha. A casa del mio amico si trovava della gente e stava parlando di questo giovane Aughar di Hariharpur, il cui carattere era una strana combinazione di dolcezza e serietà. A volte era stato visto correre in tondo ed altre volte seduto immobile e tranquillo. Accettava qualsiasi cosa gli venisse offerta senza però parlare molto. Quando parlava, ciò che diceva appariva molto chiaro e degno di fiducia. Nessuno era in grado di inquadrarlo.
In precedenza, a causa della loro insolita apparenza e per i modi poco ortodossi di rapportarsi con la gente io non ero interessato agli Aughar. Giunsi ad Hariharpur intorno all’una del pomeriggio. Mi avviai verso la capanna, ma non vidi nessuno.
Shri Aghoreshwar in Hariharpur
Sbirciai dentro il capanno e vidi il giovane asceta seduto del tutto immobile. Senza disturbarlo, mi sedetti sulla stuoia che si trovava fuori da quel ricovero. Un’insieme di stanchezza, di tranquillità che si respirava nell’aria e la calura del sole, mi fecero addormentare. Dopo un’ora circa o qualcosa del genere, fui svegliato dal mormorio della gente che cominciava ad affluire lì.
Adi Ashram Hariharpur
Sentii, proveniente dall’interno del capanno, una voce molto dolce che diceva: “Lui è Thakur di Ishwargangi.” Dopo questo preludio mi alzai frettolosamente. Dall’interno di quel semplice rifugio si udì ancora la voce domandare: “Salve! Come sta Baba Cheddi di Ishwargangi?” Non riuscivo a capacitarmi di come egli sapesse di me o della mia casta. Pensai alla possibilità che mi avesse visto in quella località quando lui era in visita da Cheddi Baba. Dato che aveva parlato di Cheddi Baba, io non ero convinto della sua intuizione divina, comunque per mera formalità mi inchinai ai suoi piedi. Non appena mi inchinai, i suoi grandi occhi si incrociarono con i miei ed io mi sentii estasiato, ero completamente ubriaco.
Tempio Devi, Hariharpur
Pochi attimi dopo chiesi di potermi congedare da Lui. Egli mi chiese “Non vuole rimanere?” “No Baba, adesso devo partire.” “Ritornerà ancora non è vero?” Fu il suo dolce sollecito.
Non appena abbandonai quel capanno, le sue ultime parole riecheggiarono dentro di me per tutto l’intero viaggio di ritorno verso casa. Nei tre giorni successivi continuai a pensare alla semplicità ed alla dolcezza di questo giovane Aughar. Decisi di vederlo ancora e montai sulla mia bicicletta per dirigermi verso Hariharpur che da casa mia distava circa 16 chilometri.
Shri Aghoreshwar
Giunsi al capanno del Baba intorno alle nove del mattino. Intorno a Lui si trovavano sette o otto persone. Mi inchinai e per rispetto toccai i suoi piedi. Con i suoi grandi occhi aperti arrossati e con una voce molto dolce Egli disse: “Salve Kedar! E’ ritornato?” “Si Baba, sono partito presto questa mattina.” “Si è lavato?” “Si Baba, me ne sono andato via presto in mattinata.” “Rimarrà qui oggi, non è vero?” “Si Baba, credo di si.” Io risposi, sapendo a malapena quanto stavo dicendo.
Dopo un certo tempo mi alzai e partii per raggiungere la casa di un mio amico. Intorno alle sette di sera mi feci nuovamente vedere intorno al capanno del giovane Baba. Intorno a Lui c’era un gruppo, ma dopo qualche istante, ad essere seduti là, rimanemmo solo noi due, io ed il Baba. Rimanemmo seduti là senza dire niente per ore. Il silenzio della notte si fece fitto. I suoni della natura si fecero più percettibili. Infine intorno a mezzanotte il Baba mi chiese “Quando andrà a casa?” “Quando Lei si alzerà al mattino,” Fu la mia risposta. “Io non dormo.” Egli mormorò.
Tempio Devi, 1993
Le sue ultime parole erano come una ninna nanna per me e molto tranquillamente mi sistemai sopra la mia branda. Quando presto al mattino mi svegliai, lo trovai ancora seduto vicino alla sua dhuni. Gli resi omaggio toccando i suoi piedi e mi preparai per partire. Egli chiese: “Quando ritornerà?”. “Presto Baba, non appena avrò tempo verrò.” “Ritorni presto.” I suoi occhi con queste parole mi sorrisero. Partii immediatamente per casa. Il lungo tragitto sulla bicicletta, nella polvere e sulle strade accidentate, sembrava liscio come l’olio, proprio come le sue ultime parole che riecheggiavano dentro di me. Questo fu l’inizio della mia dipendenza per la sua compagnia.
Shiva Lingam
Dopo il mio ritorno da Hariharpur, dovetti occuparmi degli affari di famiglia, del nostro mulino. Il terzo o quarto giorno, quando stavo riparando il mulino, sentii bussare alla porta. Mia Madre aprì l’uscio e davanti vi trovò un giovane asceta con la testa rasata avvolto in un logoro lenzuolo di cotone e che calzava dei sandali di legno. Con se, sotto l’ascella, portava una ciotola. A mia madre Egli chiese “E’ a casa Kedar?”
Salutando con un cenno del capo, mia madre andò in giro a chiamarmi. Quando mi vide, Lui entrò in casa. Del tutto sorpreso, presi atto di quanto stava avvenendo e toccai i suoi piedi. Lo presentai a mia madre, “Madre, questo è il Baba di Hariharpur.” Con riverenza, mia madre si chinò per toccare i suoi piedi.
Il giovane asceta guardò mia madre e le rivolse le seguenti parole,”Per favore mi lasci prendere in prestito Kedar!” Notai dell’esitazione negli occhi di mia madre, lei poi realizzò la cosa e disse “Baba, questo è il mio unico figlio, l’unico sostegno della mia vecchiaia. Se questo comunque è quello che vuole…” Guardandola benevolmente Egli disse “Madre non si preoccupi. Kedar rimarrà sempre sotto la mia protezione e a Lei non verrà a mancare l’aiuto che le serve.” La sua rassicurazione consolò mia madre.
Quella notte Egli rimase a casa mia. Di primo mattino intorno alle quattro, sentii che mi chiamava. Non appena finii di vestirmi, sentii, provenire dall’esterno della mia abitazione, il leggero calpestio dei suoi sandali di legno. Lo segui al fiume dove Lui fece il bagno ed io cominciai a risciacquare il suo perizoma che aveva lasciato sulla riva del fiume stesso. Per asciugare il perizoma, io, con delle foglie secche e dei ramoscelli, accesi del fuoco. Lui svestito, si trovava solo ad una decina di metri da me. All’improvviso sollevò la sua mano destra per aria. Non riuscivo a credere a ciò che i miei occhi stavano vedendo. Una bella ghirlanda di calendole (fiori) comparve nelle sue mani sollevate. Egli gettò su di me la ghirlanda e la fece finire proprio intorno al mio collo. Incantato, io continuai a guardare la ghirlanda. Era freschissima, ricolma di quella fragranza di fiori appena recisi.
Gopal Mandir
Non riuscii per alcuni istanti a connettere, quando però ritornai in me, vidi che Lui si stava dondolando appeso alle radici aeree di un banyan che si trovava a qualche decina di metri distante da me. In quel momento più che un sadhu nel pieno della sua realizzazione, sembrava un giovane ragazzo allegro. Andai da Lui e gli dissi “Per favore non si dondoli su quelle radici, si possono spezzare e Lei potrebbe farsi male.” Egli sorrise e smise di dondolarsi. Ritornò con me a casa mia e fece colazione. Adesso era pronto per andare ad Hariharpur e mi chiese di accompagnarlo. Il veicolo usato per il nostro viaggio fu la mia bicicletta.
Kapal, Aghor Nivas
Il Baba si sedette sul portapacchi di dietro. Dopo circa tre chilometri trovai delle difficoltà nel continuare a pedalare. La bicicletta sembrava diventata pesante. Non riuscivo a capire. Più spingevo sui pedali più pesanti li sentivo. Scesi dalla bicicletta e cominciai a dare un’occhiata alle ruote. Era tutto in ordine. Improvvisamente mi venne in mente una cosa “Può darsi che sia un trucco di questo giovane Baba.” Io dissi, “Guardi Baba, questo non è leale.” Sorridendo Egli disse, “Cosa pensa, che io sia solo un bambino? E’ lei che non riesce nemmeno a far girare i pedali della bicicletta. Lei non si è sforzato così tanto. Perché è così irritato?” Io mi inchinai a Lui, afferrai i suoi piedi e dissi,”Io finora l’ho considerata soltanto come un giovane ragazzo, adesso però mi rendo conto di chi è Lei.” Dopo questo giochetto, la mia bicicletta andava facilmente mentre il Baba continuava a restare seduto sul portapacchi posteriore. Eravamo arrivati a fare qualche chilometro ancora, allorché si bucò una gomma della bicicletta che poco dopo si sgonfiò. Nei paraggi, fortunatamente, c’era un posto dove venivano riparate le biciclette, mi recai lì e feci eseguire la riparazione della gomma. Il Baba nel contempo sparì dalla scena. Prendendo delle scorciatoie in mezzo ai campi, Egli a piedi raggiunse la sua capanna che distava qualche chilometro da dove io mi trovavo.
Hanuman
Quando io arrivai alla sua capanna, Egli si trovava già circondato da molti visitatori del villaggio. Del tutto irritato, stavo per riversare su di Lui qualche parola. Io ero un uomo di quarantuno anni e Lui un giovane di appena sedici anni!
Il Baba però aveva nel contempo architettato qualcos’altro. Egli, non appena io feci la mia comparsa là, dal villaggio aveva fatto arrivare un materassino di cotone molto confortevole che sistemò sopra una branda. Con un sorriso da birbante Lui mi invitò a sedermi sopra quel materassino. Io ero ancora irritato con Lui perché mi aveva abbandonato. Egli seriamente mi ordinò, “Non sia irritato, si sieda sopra quello: l’ho fatto portare qui per lei.” L’assembramento di gente che si trovava lì stava assistendo a questo gioco con stupore. Lui si rivolse a quell’assembramento così, “Lui è mio ospite, anche se ha un caratteraccio.”
Non riuscivo a quel punto a sopportare più di tanto quella situazione. Con la scusa di andare a visitare un mio amico in un villaggio nelle vicinanze, me ne andai diretto verso casa. Arrivai a casa davvero stanco e feci un buon sonno quella notte nel mio letto. Mi alzai presto la mattina ma il suo ricordo dolce-amaro rimase vivo in me. Benché volessi ritornare da Lui, non potevo perché dovevo seguire i lavori di casa. Dopo essermi occupato di quelle incombenze, feci una lunga passeggiata, poi feci il bagno. Un pensiero comparve improvvisamente nella mia mente. Accesi un incenso e cominciai a muoverlo in modo circolare pensando a Lui. Questo piccolo gesto portò molta pace nella mia mente agitata. Nel pomeriggio il mulino per la farina riprese ad andare per i clienti che portavano i semi da macinare. Io pesavo i loro semi ed una volta macinati li restituivo a peso invariato in cambio di una piccola parte per la macinatura. Trascorse qualche ora quando improvvisamente udii la voce familiare che diceva “Lei sta guardando i semi, guardi il piatto della bilancia!” Il mio sguardo cadde su di Lui. Corsi per accoglierlo e toccai i suoi piedi. “Perché mi ha chiamato?” Disse con voce seria. Rimasi lì senza parole. Lui mi spiegò “Fare dei cerchi con l’incenso è molto significativo. Non va bene chiamare senza ragione.”
I miei occhi si riempirono di lacrime ed iniziai a chiedere il suo perdono. La mia preghiera però era stata sentita. Il mio Dio, facendo attenzione alla mia invocazione, si era presentato davanti alla mia porta. Benché la mia fede fosse fermamente salda, la mia stupidità nello scomodare il mio Dio mi fece sentire molto piccolo.”