Percorso
Il Japa nel Navaratri
Discorso tenuto durante il Navaratri Autunnale, il giorno 24 settembre 1987 presso la Shri Sarveshwari Samuh, Ganesh Pith – Parav – Varanasi
Rispettabili Madri e cari confratelli, oggi nel sacro giorno del Navaratra Autunnale esprimo la preghiera che in questo giorno non vi sia alcun seminario speciale in programma. Qui vi dico che, avendo lasciato il vostro lavoro in fabbrica, quello nei campi, in negozio e quello di casalinga, ora siete quindi liberi di ascoltare il mio discorso, per quanto possa esservi utile e di dedicare altrettanto tempo per la prosperità del vostro paese .
Oggi, liberi dalle suddette occupazioni, stabilito questo hartal (giorno di sospensione dal lavoro per dedicarsi a qualche festa o ricorrenza religiosa), è stata fatta una colletta così raccoglieremo anche un po’ di denaro. In questo modo anch’io potrò continuare a farvi discorsi elevati e impegnati, mentre voi continuate a privare i vostri figli, la vostra famiglia, la vostra società, il vostro paese dei loro diritti e continuerete a privarli.
Si tratta di un discorso semplice: noi non siamo disponibili a concedere ai nostri piccoli bambini i loro elementari diritti che ad essi spetterebbero. Essi dovrebbero avere il diritto ad essere nutriti e mantenuti, all’istruzione e anche al gioco e al divertimento a cui sono spinti per la loro giovane età; ma non facciamo affatto ciò! Molte donne arrivano quasi a torturare i propri figli, prima li tengono stretti al petto, poi però li respingono, allontanandoli bruscamente e così li privano anche di questo diritto; che grave crudeltà si commette !
Sono venuto per diventare un devoto della Madre, per compiere un sacro rito e accanto a Lei per conoscere il mio dovere; qual è il nostro dovere ? I nostri figli, i nostri parenti, i nostri amici e compagni hanno il diritto al nostro amore, al nostro affetto e di ricevere molto da noi, al contrario noi non lo facciamo proprio! Il nostro cattivo carattere, che ci rende una persona facile alla crudeltà, dove potrà mai farci trovare aiuto e conforto su questa terra ?.
Forse penso di essere una buona persona, di essere bravo e fortunato, che posso tutto ottenere ma non sono in grado di perdonare la mia anima che mi rimprovera in continuazione: “O malintenzionato, tu calpestando i diritti altrui, togliendo quindi agli altri la felicità, come puoi pretendere di vivere felice?”
Oggi in occasione di questo Navaratra, desidero rivolgervi la preghiera Vande Sarveshvari (Ti saluto o Sarveshvari):
“In questa sacra ricorrenza ti rivolgo la mia rispettosa devozione, affinché ai bambini, agli anziani e ai giovani del nostro paese vengano riconosciuti dalla famiglia, dalla società e dalla nazione i loro sacrosanti diritti e che possano vivere nella tranquillità e nella felicità. Dona a loro, o Madre, la saggezza! Che i loro familiari e parenti allontanandosi dall’avversione, dal risentimento e dall’odio, possano vivere nella tranquillità e nella felicità. Questa è un’indispensabile necessità per tutti i nostri connazionali, per la società e per il mondo intero”.
Il venerabile Aghoreshvar così racconta di un episodio che lo impressionò durante un viaggio di ritorno da Gaya: “Sarà stata la prima o la seconda settimana di luglio, quando vidi là infondo come una nube e pensai che forse quella nuvola avrebbe portato pioggia ma poi notai che proprio da quella parte un grosso stormo di avvoltoi stava discendendo su un villaggio; dal Punjab all’Assam questi voraci avvoltoi devastano un villaggio dopo l’altro e poi spostandosi in volo dall’Andhra Pradesh al Bihar quante razzie fanno! Questo è un chiaro segno della loro ostilità verso di noi; noi però abbiamo ricevuto centinaia di manifestazioni di affettuosa generosità, quanto affetto e amore, quanta gioia e felicità, i nostri concittadini, i nostri parenti, le nostre mogli ci hanno dato! Noi però consideriamo ciò come se fosse un segno di debolezza Quanto affetto, quanto amore ci hanno mostrato i nostri Guru sussurrandoci segretamente nell’orecchio il mantra e quanta gioia hanno donato ai nostri cuori!
Oggi però il nostro corpo ha assunto la forma dell’odio, dell’avversione, dell’invidia e brucia nel fuoco in modo orribile. Le dolorose difficoltà dovute alle gravose disparità sociali diffuse nel nostro paese non possono che spingerci a rivolgere alla Madre Bhagvati la nostra fervente adorazione: “O Madre, perché queste differenze sociali mi vengono mostrate? Dalla propizia visione di questa realtà, buona o cattiva che sia, non mi auguro proprio nulla! Ciò che vedo con gli occhi e ciò che ascolto e apprendo dalle voci degli altri, arrivando alle mie orecchie, mi causa solo inquietudine”; perciò oggi le persone che si augurano il nostro bene sono i “gentiluomini” e anche mahatma (grandi anime) e pur essendo “liberati”, non riescono a dir nulla liberamente; sono talmente presi che ogni qualvolta dicono qualcosa, anche riguardo a un loro confratello, a me risuona continuamente cosi: “Egli è sofferente e addolorato, questo è ciò che a lui manca e di cui ha bisogno” ma per sé stessi non dicono nulla tranne: “O Signore, ho una vita breve quindi ho poco tempo da dedicare a tutte le azioni da compiere, come un uomo buono vorrei vivere manifestando compassione e misericordia verso tutti e tutto. Finché starò su questa terra, dopo essermi imposto di cercare di evitare il peccato, non desidero vivere contaminando gli altri coi miei peccati, né intendo calpestare i loro diritti”.
Fratelli, questo è proprio il pensiero di santi, di gentiluomini, di buone persone; questo è proprio il loro modo di pensare e di riflettere; se in me c’è qualche difetto non posso, né voglio parlarne, non riesco affatto a raccontare ciò, poiché vi sono alcune persone che intendono questi discorsi come se fossero originati da una mente diabolica, è meglio quindi non parlarne. Forse è meglio tenere queste cose per me, nasconderle almeno in buona parte, anche se non riesco a comprendere quale ne sarà l’effetto. Vorrei dire molte cose, anche se non riesco a comprendere quale sarà il momento più opportuno per farlo.
Le persone che sono venute per il rito della Puja stanno facendo buon uso del loro tempo, ho visto stamani molte persone sedute in un’asana (posizione yoga), dato che ho avuto l’occasione di passeggiare per una buona ora e camminando, volgendo lo sguardo qua e là, ho potuto notare ciò; mi sforzo di svuotare la mente, per andar là col pensiero, ma poiché vivevo nell’ashram vedevo che, facendo la meditazione, non mettevo la ciotolina per fare “Achamani” (riempire il palmo della mano con l’acqua per poi berla) o perché non l’avevo o perché ne ignoravo l’importanza.
O fratelli, che nella ciotola vi sia l’acqua, che vi sia la foglia di mango, tenendo la foglia con la mano sinistra, per tre volte, usando la mano destra, bevete l’acqua, ciò si chiama bhutashuddhi. Lo scopo di bhutashuddhi è annullare il karma passato da noi accumulato. O Paramatma, annulla qualunque cattiva azione sia stata da me commessa mediante questo corpo.
Dicendo ” Om tat sat”, voi fate “Achamani”; lo scopo di Achamani è la purificazione della bocca; dopo ciò fate per un breve tempo il “Pranayama” (inspirazione, ritenzione, espirazione) detto “Vayushuddhi”. Il prana del corpo giunge nel vayu (aria che respiriamo), trattenendo quindi il respiro (prana) con la mano sinistra, espirate lentamente con la mano destra, questo vayushuddhi va ripetuto per tre volte; se non c’è tempo si fa solo per un attimo; il tempo dell’inspirazione va triplicato nella ritenzione e raddoppiato nell’espirazione, il tutto naturalmente per tre volte. Bhutashuddhi, Pranashuddhi e di nuovo fate Achamani, dicendo: “Atmatattvam shodhayami svaha, Pranatattvam shodhayami svaha, Viryatattvam shodhayami svaha, Gurutattvam shodhayami svaha, Shivatattvam shodhayami svaha” (traduzione: “Io purifico = shodhayami, l’Atmatattva, svaha”, e così via per gli altri tattva), così fate la purificazione. Non è importante se fate ciò prima o dopo; non c’è infatti alcuna regola che obblighi a seguire un ordine fisso di successione, si può dunque fare in ordine normale o in ordine inverso. Dopo ciò fate “Digbandhan” schioccando le dita, dato che la campanella non c’è. C’è la povertà, la mancanza di mezzi, nella purva (ciotola di terracotta) ho portato l’acqua e con la foglia di mango sto facendo “achamani”, anche voi l’avete ricevuta, mentre io ho potuto averla solo quando ho trovato una ciotola (purva). Dopo aver fatto Achamani, ho fatto Digbandhan e dopo ciò il Japa; qualunque cosa il Guru abbia detto, non v’è alcuna necessità di lambiccarsi il cervello per sapere che cosa e in quale condizioni mentali e in quale stato d’animo ciò ci è stato dato.
Voi ricordate il detto della Bhagavadgita: “Yaghyanam japo yaghyah” (“Il Japa è il rito dei riti”), così cominciate pure a ripetere il Mantra. La mala è composta da 108 grani; otto sono per il debito verso il Guru, verso il padre, verso il Deva, verso la madre, verso il paese e verso l’autorità che amministra il paese; a qualunque famiglia io appartenga, anche verso di essa c’è sempre un debito da pagare, allo stesso modo verso chiunque mi dia del cibo da mangiare, ci sarà sempre un debito da estinguere.
Ripetendo quindi il Japa per otto volte, questi otto grani vengono dedicati alle persone suddette; rimangono gli altri cento la cui ripetizione costituisce il “Sankalp”, sia per dieci mila sia per centomila japa, e completando la ripetizione per dieci volte fate il sacrificio del fuoco (Havan) che viene detto Purashcharan.
Non avremo la possibilità per dieci volte di fare havan, dato che non disponiamo di tanto materiale e inoltre richiede anche molto tempo; perciò ripetiamo di nuovo per dieci volte il japa; se non vi sono mezzi a sufficienza, ripetendo il japa voi fate dieci volte havan; fate tutto ciò per la vostra soddisfazione, per il vostro devata preferito (Ishta), per la vostra calma e felicità, non però per far soffrire chicchessia, né per causarne la morte, il licenziamento o l’inquietudine. O anima suprema (Paramatma) per tutto ciò assolutamente no. Se io penserò bene e mi comporterò bene, starò bene; se penserò male e avrò cattive intenzioni verso gli altri, anch’io starò male.
O fedeli, probabilmente capirete le mie parole riguardo il Japa e la Puja, per quanto riguarda la questione del fiore nel vaso, voi lo raccogliete per darlo ai guru: “Ai sacri piedi del Guru offro il fiore nel vaso”; per i suoi piedi e le sue mani di loto è stato offerto. Non dovreste pensare: “Porto il fiore che ho colto, offro qualcosa di un altro che portato, prendendo qualcosa altrui faccio buona impressione”. Io ho soltanto questo mio corpo, le cose vecchie e logore le lascio a voi.
O Bhagvati, dammi la saggezza e buone ispirazioni, fammi frequentare e stare accanto alle buone persone che comprendono i diritti altrui oltre che i propri. Finché vivo fa’ che non sia mai oppresso dalle preoccupazioni e che in questo mondo in rivolta e in questa terra non possa mai ascoltare né vedere alcunché che a te non sia gradito. Non so quali diversi comportamenti siete spinti a tenere, forse in base alla situazione del paese, al tempo e anche alle condizioni della società; se anche noi facciamo così, io non comprendo.
“Io sono molto furbo, vivo dominando tutto, riesco sempre a cavarmela, ho una completa padronanza su tutto”, mi sento quindi obbligato a respingere fermamente codesti odiosi modi di pensare e agire..