Percorso
L’infanzia
Guru Maa
Tratto dalla Biografia di Aughar Bhagwan Ram
A Gundii il nonno paterno di Baba Aughar Bhagwan Ram, Babu Hriday Prasad Singh ji, che aveva donato il terreno e i fondi per la costruzione della scuola media per l’istruzione del villaggio, è diventato una persona rinomata e generosa. Egli era tanto generoso che mai alcun mendicante o visitatore si allontanava dalla sua porta a mani vuote e tutti erano trattati col dovuto rispetto. L’orgoglio non lo ha mai neppure sfiorato. Pur essendo uno zamindar molto rispettato trattava la gente del villaggio e della campagna con molta affabilità. Anche oggi gli abitanti del villaggio di Gundii lo ricordano con grande venerazione. Il suo eccellente figlio Babu Baijnath Singh come i suoi predecessori ha mantenuto la tradizione familiare. Egli era vissuto anche in Rangoon nel Brahmdesh (Birmania), dove aveva avuto la sua occupazione. Sin dall’infanzia amava molto l’attività sportiva. Era famoso tra gli esperti di lotta del suo tempo. Aveva ricevuto da Dio un fisico poderoso, una vasta proprietà ed un’adeguata ricchezza che avrebbe accecato qualunque altra persona, ma pur possedendo tutto ciò, dentro quel ferreo corpo batteva un cuore oltremodo puro e tenero che si commuoveva subito per le sofferenze degli altri. Questo non significa però che in lui scomparisse completamente la natura valorosa, anzi si può dire che in lui esisteva una singolare armonia di fierezza e bontà. Questo temperamento apparirà chiaro da un modesto esempio. Egli aveva un’illimitata devozione e venerazione per Yaggyaavatar ji, amava pure il canto ma come un vero pio e devoto. Spesso molti cantanti erano soliti venire nel villaggio di Gundii. Il rispettato Takur aveva ordinato che qualunque cantante fosse passato dal villaggio di Gundii doveva sempre offrire la propria arte ai piedi del venerabile Dio Yaggyaavatar ji. Nessuno aveva l’audacia di contravvenire questo suo ordine, e dopo che i cantori avevano fatto ascoltare i canti, egli non permetteva che se ne andassero senza la dovuta ricompensa. Questa era la sua magnanimità, esempio di meravigliosa armonia di devozione, sensibilità e bontà nell’adorare il venerabile Dio.
Babu Baijnath Singh
Per molto tempo Babu Bajnath Singh ji non ebbe alcuna prole. Per grazia di Yaggyaavatar ji l’anno 1994 dell’era Vikrama, di lunedì egli ottenne un figlio; dopo qualche tempo gli nacque anche una figlia. Quando il figlio nacque il signor Takur disse: “Bhagwan in persona ha preso vita, ed è venuto per liberare (dalle future reincarnazioni) l’intera famiglia.” Chiamò il figlio Bhagwan e secondo il segno zodiacale gli toccò il nome di Deva Kumar. Si dice che il leone abbia soltanto un discendente e che dopo averlo ottenuto pone fine alle imprese della sua vita e lascia questo mondo. Quando Bhagwan ebbe 5 anni suo padre Singh Babu Bajnath ji portate a termine le proprie imprese terrestri fu cremato e lasciò a questo mondo quel novello sole per grazia del quale sarebbe potuta trascorrere la vita di innumerevoli persone. Quando Babu Bajnath Singh ji fu in punto di morte, Bhagwan stava seduto accanto al pozzo. Egli fu chiamato in casa, vi andò e versò l’acqua del Gange in bocca al proprio padre. Il morente Singh anche l’ultima volta fissò con virile sentimento ed emozione il proprio bimbo come se silenziosamente gli stesse dando questo ultimo messaggio: “Non essere triste, questa è la norma di quaggiù”. Dopo ciò Bhagwan uscì di casa. Immediatamente in casa cominciarono i pianti ed i lamenti ma questi non fecero alcuna impressione sul cuore del mahatma. Quando però sua nonna cominciò a piangere anch’egli scoppiò in lacrime. Quando la vecchia nonna lo vide piangere, per consolarlo si mise a ridere e gli disse “Non è niente.”
Il suo astrologo, il devoto Shri Chandra Bhanu Pandey ji ha preparato il suo oroscopo che è di questo tenore:
Mahaprabhu Aghoresciuar “Bhavatibhavyeshvanavgrahgrahah”.
Secondo questo detto popolare la verità eterna è che, secondo le suddette formule, nei santi come Shri Avadhut Bhagwan Ram sono visibili tutti segni caratteristici dell’onnipotente Iddio. Non solo vi è speranza, ma assoluta certezza che sotto la sua protezione la mente della gente troverà la pace assoluta.
Camera dei genitori
Durante il periodo della realizzazione ascetica dell’infatuato Bhagwan, mentre da parte della famiglia furono sollevati ostacoli, la madre non si oppose mai. In alcune occasioni Bhagwan Ram per rompere le insidie dell’illusione mondana usò anche qualche parola dura (aspra), ma fin quando visse ebbe per sua madre la stessa identica venerazione. Dopo la morte del padre al suo mantenimento provvide il rinomato nonno paterno Shri Hriday Prasad Singh. Durante l’infanzia lo nutrì la nonna paterna che gli era più cara della stessa madre. Per mezzo di bei racconti la vecchia nonna fece penetrare nella sua mente le sensazioni della provvisorietà del mondo. Essendo figlio unico e ricevendo fin dall’infanzia molto affetto, il carattere di Bhagwan diventò alquanto ostinato e caparbio. Nella prima infanzia anche i vecchi nonni per timore di arrecare dolore alla sua mente si mostrarono deboli (furono sempre bendisposti verso di lui). Quando fu alquanto più grande essi fecero i preparativi per mandarlo a scuola e tutti desideravano che diventasse l’orgoglio della famiglia ricevendo una conveniente istruzione. Nella scuola egli dimostrava un grande affetto verso i propri compagni. Verso gl’insegnanti si comportava col dovuto rispetto, ma non si adattò mai a quel tipo di insegnamento, anzi considerandolo un ostacolo alle proprie indispensabili iniziative, invece di andare a scuola cominciò a dedicare il proprio tempo alle pratiche religiose a casa propria, nel tempio e nello stesso suo giardino, e qui ogni sera prese a raccogliere i suoi coetanei ed a rallegrarli con canti e la distribuzione di doni. Gli adulti, osservando questo andamento, si opposero e dissero che senza istruzione dal solo interesse religioso non avrebbe avuto alcun vantaggio. Ma egli non concepiva quest’idea. Anche gli argomenti contrari di quelle persone non impedirono al ragazzo Bhaguan di seguire la propria strada, e proprio da qui ebbe inizio pure la sadhana indipendente e piena di sacrificio della vita futura.
Pur non potendolo seguire nella scuola, l’affetto dei ragazzi del villaggio per Bhagwan Ram non era venuto meno. Egli pure continuò a dare la dovuta ospitalità ai suoi piccoli amici. Egli possedeva libri con bei racconti del Bhakt Dhruv e del Prahlad e ogni sera durante la riunione dei bimbi quei libri venivano dati proprio ad uno di loro e per un certo tempo nella discussione del racconto, anche i ragazzi provavano piacere ma in quella corrente d’intenso amore verso Dio solo lui si tuffava. Dopo ciò distribuiva ai suoi piccoli amici del khir cucinato con il latte della sua vacca personale o qualche altro dono. Di quando in quando avevano luogo anche giochi collettivi, nei quali egli stesso era l’organizzatore. Una volta quando un compagno volle cacciarlo giù dall’altalena egli lo redarguì dicendo “Sei forse Kina Ram, perché dobbiamo aver paura di te?” Fin dall’infanzia non ha mai avuto paura. Qualche volta i compagni nascondendosi dietro la porta gli gridavano “Bum!” perché avesse l’impressione che ci fosse un fantasma ma su di lui produceva tutt’altro effetto.
Camera dell’abitazione paterna
Nell’infanzia si trova pure l’esempio del suo atteggiamento di Singh mentre i compagni giocavano alla guerra. Una volta durante il gioco un compagno rimase ferito abbastanza gravemente e dal suo corpo cominciò ad uscire sangue. Spaventati da questo spettacolo tutti i ragazzi fuggirono ma egli non si lasciò impressionare poiché possedeva già il sentimento dell’eroismo.
Nello stesso tempo, nessuno poteva dar fastidio al figlio di un grande zamindar. Egli restò in casa solo fino all’età di sette anni. In seguito pur restando nello stesso villaggio visse fuori di casa. All’inizio per tre, quattro anni, pur vivendo fuori di casa, il Maharaj prendeva il cibo che gli veniva portato da casa ma in seguito evitò anche questo. Inizialmente viveva in un piccolo rifugio scavato nel terreno accanto al tempio di Shiva, vicino a casa sua. Di quando in quando vi restava in preghiera anche per due giorni senza mangiare e bere. In seguito, in una camera esterna della sua stessa casa, pose una statua di Shri Manchand e cominciò a dedicarsi al suo culto. Anche il programma del culto giornaliero era oltremodo faticoso per i ragazzi della sua età ma durante il Navaratri ha luogo uno speciale digiuno e cerimonie religiose.
Durante questo digiuno egli, per nove giorni, beveva solo acqua e notte e giorno si svolgevano riti, riunioni e programmi di Kirtan (canti devozionali) . Quando egli, con tale pesante austerità sin dall’infanzia, non trovò la pace, andò a vivere in una piccola capanna costruita in un suo campo fuori del villaggio. Egli provava grande conforto nella compagnia dei ragazzi. Là trovava una straordinaria gioia e tutti finivano col dimenticare anche la fame e la sete. Tutti si sedevano là e traevano vantaggio dall’associazione ed anche i giovani compagni raccontavano storie simili. Nel frattempo cominciavano i canti in onore di Vishnu ed essi per un certo tempo restavano assorbiti nel canto. Il giardino in cui sorgeva la piccola capanna del venerabile è situato in una zona molto incantevole, nello splendore dei verdi alberi di mango. Là ogni sera si ode il vociare melodioso degli uccelli ma in quel luogo solitario vivevano anche esseri striscianti velenosi. Una volta un serpente entrò nella sua capanna. Al mattino, quando si svegliò, vide che nella capanna vi era un grosso serpente acciambellato. Nel frattempo si era raccolta della gente che voleva uccidere il serpente. Egli però lo proibì e poco dopo quel serpente se ne andò altrove. In questo modo egli sin dall’infanzia dette prova della sua compassione verso gli esseri viventi. Il risultato di questo voto di non violenza fu che in sua presenza le creature abbandonavano la propria naturale ostilità.
Qualche tempo dopo il venerabile andò a vivere in una capanna costruita nel suo giardino di manghi proprio accanto alla scuola media. Che c’era da ridire? Là però gli studenti si raccoglievano nelle ore di ricreazione. In quel luogo cominciarono ad aver luogo riunioni, canti religiosi ed anche la programmazione di canti dal Ramayana. Là egli celebrò anche alcuni antichi riti sacrificali. In questo modo in tutto il villaggio, specialmente tra i ragazzi, cominciò a diffondersi la devozione verso Dio e lentamente cominciò ad aumentare in tutti i suoi compaesani la fede e la venerazione per lui. Questo fatto scontentò i suoi parenti perché il loro egoismo li spingeva a far si che egli diventasse simile a loro.
Gli stessi studenti della scuola cominciarono a chiamarlo Bhagwan Das e da allora questo nome è diventato famoso. I suoi parenti lo riportarono a casa, ma il venerabile invece di vivere in casa si sistemò di nuovo nel tempio di Shiva e qui riprese a vivere. Ora un folto gruppo di ragazzi cominciò a stare sempre con lui. In quel luogo egli allestì anche una palestra ginnica in cui, con gli altri ragazzi del villaggio, egli pure partecipava alla lotta, agli esercizi ginnici ed alle gare sportive. Là si praticò regolarmente il culto di Shri Hanuman e da parte del venerabile si provvide anche alle spese per le offerte. Un degno discendente di Baba Rameshwar ji, il defunto Shri Kant Maharaj, era un grande Vaishnav, un importante sadhak e anche un rinomato saggio. Il venerabile, per poterlo incontrare, prese a vivere nel tempio di Yaggyaavatar ji. Per ore restava immerso nell’adorazione. Quando egli si sprofondava nell’adorazione di Dio, si concentrava a tal punto da dimenticare persino il proprio corpo. Anche là i ragazzi lo seguirono e il loro numero non diminuì. Fuori dal tempio egli aveva una piccola capanna accanto alla quale ardeva in continuazione del fuoco. Là si raccoglieva la folla dei ragazzi per praticare i primitivi esercizi. Anche questa volta i parenti tentarono ripetutamente e con insistenza di riportarlo a casa, ma egli non accettò. Questa volta lo riportarono a casa con la forza ma avvenne ciò che succede in queste circostanze, e dopo pochi giorni egli se ne andò di nuovo da casa.
Questa volta cominciò a vivere nel giardino Nemuva situato a sud del villaggio. Quella località da molto tempo era considerata un luogo d’incontro di fantasmi e la gente neppure di giorno osava avventurarsi da quelle parti. In quel luogo, per il fatto di essere tutto circondato da un giardino anche di giorno, regnano l’oscurità ed il silenzio. Là si trova pure un pozzo in muratura e l’abitazione più vicina è a distanza di miglia, ma che cosa può temere colui che in ogni direzione vede il proprio oggetto di culto e venerazione? Considerando questo luogo desolato un ottimo terreno per la sadhana il venerabile lo occupò ma i suoi parenti ebbero timore che se egli fosse rimasto là, avrebbero avuto un danno ed il venerabile tre giorni dopo dovette abbandonare anche quel luogo. Per insistenza della gente egli fece costruire una capanna ai piedi di un pipal, in un frutteto di amrut . Qui egli visse abbastanza a lungo. Questo suo frutteto di amrut misura circa tre ettari. Qui cominciò a trascorrere i suoi giorni con grande serenità. I ragazzi, il giorno dell’assemblea, si raccoglievano là in gran numero e mangiavano pure gli amrut. Ora la sua pratica spirituale dovette proseguire e proprio per questo i parenti cominciarono di nuovo ad ostacolarlo ed egli capì che, rimanendo nel villaggio, questa gente avrebbe continuato ad ostacolare in questo stesso modo la pratica religiosa e la recitazione dei canti. Per questo egli allora decise di abbandonare il villaggio. I compaesani, e specialmente le donne, provavano per lui grande venerazione perciò continuavano ad avvicinare il venerabile e gli manifestavano i propri desideri, ricevendone soddisfazione. Esse lo veneravano e partecipavano anche alle sue esperienze ed alle offerte alla divinità. La nutrice di un suo parente proprio in questo modo aveva ottenuto soddisfazione in un processo e suo figlio da Calcutta al venerabile aveva inviato in dono un bel Shiva-ling.
Tempio di Shiva nel giardino
Innalzato nel proprio giardino un piccolo tempio al Dio Shiva, il Venerabile vi ha collocato lo Shiva-ling, dove vi si trova ancora oggi. Colpita da questi fatti miracolosi una allevatrice di vacche si presentò un giorno al venerabile e piangendo gli disse che una sua bufala stava morendo di parto. Commosso il venerabile andò da lei e ripeté alcune volte il nome di Dio, impartì la benedizione e toccò la testa della bufala. Quella partorì felicemente all’istante e senza sofferenza. Per non dilungarmi troppo, non riferisco altri numerosi racconti simili. Tuttavia la maggior parte della popolazione maschile, per un falso sentimento della propria grandezza (orgoglio), non fu in grado di riconoscere questa gemma preziosa.